La storia e l’origine del garum è stata ampiamente dibattuta, l’unica certezza è che ha origini antichissime. Sicuramente veniva largamente utilizzata nell’antica Roma, alcuni studiosi credono che sia stata ideata dai greci, altri addirittura la farebbero risalire ai popoli mesopotamici.
Ma cos’è il garum?
Il garum è una salsa prodotta dalle interiora di pesci, come sgombri o tonni, mescolate con piccoli pesci interi. Il tutto veniva lasciato a macerare con sale e spezie per circa due mesi, al calore del sole. Successivamente, il composto veniva setacciato e filtrato in più fasi per ottenere diverse varianti di salsa, con consistenze più o meno dense, adatte a condire diverse pietanze.
La prima filtrazione, la più pregiata, veniva chiamata “flo floris”; la seconda, più comune, era il “liquamen”; e la terza, ottenuta dalla polpa residua, veniva chiamata “allec”.
Isidoro di Siviglia, teologo, scrittore e arcivescovo spagnolo vissuto tra il V e il VI secolo, in una sua opera, Etymologiae, descrive che il termine “garum” ha un’etimolgia di origine greca, derivando dal termine “yapos”, che indicava una varietà di pesce utilizzata inizialmente per la preparazione di questa salsa.
Ma cosa c’entra la Sicilia?
Sembra che il garum venisse preparato in vasche circolari rivestite di cocciopesto, alcune di queste vasche sono state ritrovate nel Mar Nero. La salsa sarebbe poi stata introdotta in Spagna dai coloni ionici, successivamente recepita dai Fenici e, infine, dai Greci. Da lì, il garum arrivò in Sicilia, soprattutto nei pressi degli stabilimenti di Marsala.
Una curiosità: questa pietanza viene citata da Seneca in una lettera inviata a Lucilio. Seneca critica il garum, definendolo una “preziosa poltiglia di pesci guasti”. Platone lo definisce “putrido”, mentre Marziale ironizza sul suo odore sgradevole, descrivendo il respiro di un conoscente come simile a quello della salsa.